NERO - FITTO - MISTERO

di Morgana


PROLOGO
 
"Alla tua destra, Chang!"
Il paffuto cinese si girò e sputò fuoco contro un soldato nemico incenerendolo all'istante "Grazie, Bretagna!" disse.
Jet poco più lontano centrò un altro soldato che cadde a terra ferito.
Françoise, Joe e Albert erano dentro un laboratorio dei Fantasmi Neri e stavano piazzando le bombe per distruggerlo.
Poco dopo uscirono e raggiunsero gli altri.
"Via, tutti via!" urlò Joe.
Françoise sentì un sibilo, fece appena in tempo a spostarsi, un proiettile la colpì di striscio all'altezza della tempia 
destra, Jet vide il soldato che aveva sparato steso a terra pronto a colpire ancora, era già ferito e lo finì.
Joe corse dalla ragazza, che era inginocchiata a terra dolorante.
"Françoise... come stai?"
Non riusciva ad alzarsi, bloccata da quel forte dolore alla tempia. Joe la prese in braccio e scapparono via poco prima che 
esplodesse tutto.
Quando furono a distanza di sicurezza la sdraiò delicatamente a terra, Geronimo e Jet corsero a prendere il Dolphin. 
"Françoise... come ti senti?"
Lei gli stringeva la mano, ma teneva gli occhi chiusi.
"Stanno arrivando..." le guardò la ferita alla tempia, non era profonda e non aveva perso molto sangue, poi vide che stava 
cercando di riaprire gli occhi.
"Non sforzarti!" le disse, ma lei li aveva ormai aperti ed erano pieni di sangue.
"Mio dio..." le sfuggì un sussulto e lei cominciò a tremare "Joe... Joe... non vedo nulla, non vedo assolutamente nulla..." 
era spaventata e lui di più, gli altri vicino non sapevano cosa fare, Bretagna vide arrivare il Dolphin e tirò un sospiro di 
sollievo.
"Tesoro, ora ti portiamo da Gilmour, vedrai che non è niente" disse accarezzandole il viso con la mano.
Françoise chiuse gli occhi, le lacrime le scendevano miste a sangue, Joe cercò di asciugarle con il suo mantello. La prese in 
braccio e salirono con gli altri sul velivolo. Jet virò in direzione della base e scomparirono all'orizzonte.
 
CAPITOLO 1
 
Poco tempo dopo, erano tutti nel corridoio, davanti alla porta del laboratorio di Gilmour, in attesa di notizie, spaventati e 
silenziosi. Avevano visto nel viso di Françoise la disperazione. Non riuscivano a togliersi dagli occhi quella visione. Joe 
sedeva silenzioso davanti alla porta, continuava a fissarla senza muoversi. Passarono un paio d'ore così, nessuno aveva 
voglia di mangiare, ogni tanto a turno facevano due passi nel corridoio per smorzare la tensione, tutti tranne Joe, quasi una 
statua ormai, immobile, apparentemente imperturbabile.
Finalmente Gilmour uscì dalla stanza, ma il suo viso non prometteva niente di buono, Joe lo capì subito e si alzò in piedi.
"Ragazzi... la ferita in sé è superficiale e lei sta bene, non è in pericolo... però... per il momento non vede"
"Quindi è temporaneo dottore?" chiese Bretagna con un filo di speranza appeso ai suoi grandi occhi.
"Il problema è che non capisco dove sia il problema! Il sistema ottico è perfettamente funzionante, teoricamente deve vedere, 
ma è come se le immagini non arrivassero più al cervello e non capisco come una ferita di striscio alla tempia abbia potuto 
causare questo black-out"
Joe continuò ad ascoltare in piedi.
"In realtà alle persone normali può succedere di perdere la vista in seguito ad un trauma, ma si tratta pur sempre di lesioni 
dell'encefalo o neurali... mentre in questo caso non riesco a spiegarmi cosa sia successo".
"E ora?" chiese Chang.
"Ora continuerò a studiare il problema, a fare analisi su Françoise, test, ma adesso è troppo stanca, non posso continuare a 
stressarle il sistema visivo, sta riposando, domani riprenderò, nel frattempo posso solo cercare qualcosa sui miei libri."
"Ma se le impiantasse nuovi occhi?" chiese Punma.
"E' una possibilità, ma preferirei evitarlo, non è un'operazione semplice e nemmeno piacevole per lei. Potrebbe anche tornare 
la vista dopo aver dormito, potrebbe essere solo un problema temporaneo, voi dovrete starle vicino e aiutarla, è molto 
triste.... Joe..."
Il ragazzo finalmente alzò la testa guardando direttamente il dottore "Se vuoi puoi andare da lei, Ivan l'ha teletrasportata 
nella sua stanza, ma non svegliarla, deve assolutamente riposare".
Joe annuì, percorse il corridoio velocemente ed entrò nella stanza buia. Il profilo di Françoise era illuminato lievemente 
dalla luce della luna. Prese la sedia e piano la posò vicino al letto, tirò su le gambe e le avvicinò al petto nascondendo il 
viso dietro alle ginocchia, cominciò a piangere silenziosamente.
Quando Albert entrò nella stanza con un vassoio di zuppa di pesce lo trovò a terra addormentato con la sedia sulla testa, 
probabilmente era caduto e non se ne era nemmeno accorto. Riportò il vassoio in cucina e poi tornò nella stanza, prima alzò 
la sedia e poi lui.
"Che... che è successo" disse pianissimo Joe.
"Credo tu sia caduto... tieni prendi questo cuscino..."
"Grazie, ma mi siedo per terra, preferisco!" prese il cuscino e lo posò contro la parete, poi si appoggiò lì con la schiena.
"Hai fame?"
"No, ora no!"
Albert s'inginocchio leggermente verso lui e sussurrò: "Fatti trovare in forma!"
Joe nascose ancora la testa tra le ginocchia rannicchiate su se stesso e l'amico uscì dalla stanza.

"Come sta?" chiese Jet in cucina.
"Chi dei due?" 
Jet guardò Albert perplesso "Lui ovviamente!"
"E' già tanto che sia riuscito a dirmi che non ha fame!"
"Che maledetta giornata!" sospirò Punma.
"Andiamo a dormire ragazzi" disse Geronimo alzandosi dalla tavola.
"Lasciate... penso io a sparecchiare". disse Jet
Albert prese qualche piatto "Ti aiuto, tanto non ho sonno!"

Erano ormai soli in cucina, Jet lavava le stoviglie e Albert asciugava. "Quasi una perfetta donnina di casa" ironizzò Albert. 
Jet sorrise "Falla finita, tanto non sei il mio tipo!".
Risero poi Albert disse piano "Dai, non vorrei svegliarla!"
"Penso che sia parecchio profondo il suo sonno stasera!"
"Già... speriamo che domani si svegli pensando che sia stato solo un incubo"
"Gilmour era troppo agitato..."
"Però ha detto che potrebbe esserci la possibilità che il riposo basti"
"Ma non sembrava molto convinto..."
"Non posso pensare a come sta adesso Françoise..."
"E' terribile Albert... sarebbe terribile per chiunque... io impazzirei".
"Credo anche io... ma confido in Gilmour, riuscirà a risolvere il problema, ne sono sicuro."
 
CAPITOLO 2
 
I raggi del sole filtrarono invadenti dai piccoli fori degli scuri illuminando leggermente la stanza, minuscoli granelli di 
polvere volteggiavano tra i piccoli fasci di luce, sembravano granelli di neve, ma tutto questo Françoise non riusciva a 
vederlo. Era seduta sul letto con gli occhi aperti e puntati davanti a se pregando che il buio che vedeva in quel momento 
fosse solo dovuto a una notte particolarmente fitta e che le finestre fossero completamente chiuse. Non riusciva a trovare il 
coraggio di accendere una luce.
Sentiva nella stanza il respiro di Joe, ma non voleva svegliarlo, aveva provato a cercarlo con la mano, ma non era sul letto, 
si arrese aspettando che qualcuno o qualcosa la facesse uscire da quell'incubo pur covando nell'inconscio la certezza che non 
si trattasse di normale buio.
Sentiva crescere dentro se l'angoscia, ma tentò di soffocarla.
Si rassicurò pensando che comunque i suoi occhi non erano normali e bastava forse solo sostituirli per tornare a vedere, 
eppure l'angoscia saliva, saliva, scalava il petto fino ad arrivarle in gola.
(Non voglio piangere... non devo piangere... tutto si risolverà) pensò tra se (Tutto... tutto si risolverà, non devo tremare, 
devo essere forte, non devo lasciare che questo mi distrugga!)

"Tesoro come ti senti?"
Françoise ebbe un sobbalzo, non aveva sentito Joe alzarsi.
"Che c'è?" Le chiese "Ti ho spaventato?"
"No, ero solo sovrapensiero" disse girandosi verso la sua voce.
Anche Joe non riusciva a farle la domanda che avrebbe voluto, erano fermi così, sperando che uno dei due lo dicesse prima, 
cedette Françoise. 
"Dimmi che è tutto buio qua dentro, dimmi che adesso accenderai la luce... e io la vedrò"
Sentì il cuore di Joe battere più forte, sentì che stava stringendo i denti, abbassò lo sguardo "Che ore sono Joe?"
Lui cercò di mantenersi più calmo possibile "Sono quasi le 10... del mattino"
Respirarono profondamente entrambi.
"Dove hai dormito?" gli chiese.
"Accanto a te tutta la notte, ma per terra!"
"Perché?"
"Non volevo svegliarti... dovevi riposare!"
"Sarai tutto uno scrocchio!" disse sorridendo.
(Come fai a sorridere anche in questa situazione) pensò Joe, poi disse " Sto bene piccola" baciandole la fronte.
"Joe... che ha detto Gilmour?"
"Tra poco vedrai che verrà a visitarti..."
"Che ha detto ieri?" lo interruppe.
"Ha detto che non sa quale sia il problema e che il tuo apparato visivo funziona.."
"Allora perché non vedo?" C'era molta angoscia nella sua voce anche se tentava di nasconderlo.
"Non lo sa, sta studiando, penso che oggi ti farà ancora molte analisi".
Françoise abbassò lo sguardo ancora "Ho un forte mal di testa"
"Vado a prepararti la colazione!"
"Joe..."
"Dimmi"
"Andrà tutto bene, non essere preoccupato!"
Joe si avvicinò al letto e l'abbracciò forte "Possibile che anche in queste situazioni devi essere tu a farmi coraggio?"
"Ci sono dei ruoli da rispettare!" disse sorridendo e accarezzandogli il volto con le mani, sentiva il suo respiro, non 
poteva vederlo, si sentiva persa, ma non doveva cedere, non davanti a lui "Dai ho una gran fame..." disse ancora.
"Sì, torno subito, stai qu... scusa..." disse mortificato.
"Joe va, non preoccuparti!" lo rassicurò.

Quando Joe fu fuori dalla stanza lei strinse forte i pugni sotto al cuscino, aveva una gran voglia di gridare, di piangere, 
di correre fuori, di guardare il sole, la pioggia, qualunque cosa... ma era lì, da sola con se stessa, nel buio totale, a 
fare i conti con l'incubo più brutto, con la paura più grande, si calmò a poco a poco concentrandosi.

(Che tempo farà là fuori? E se non rivedessi più il mare? E se non rivedessi più il suo viso?)

"Françoise, sei sveglia!"
Un'altra volta sobbalzò sentendo la voce di Gilmour molto vicina a lei.
"Dottore...!"
Il tono di Gilmour si fece più serio dopo aver constatato che non vedeva ancora.
"Françoise oggi faremo altri test, mi dispiace, so che alcuni sono dolorosi"
"Non importa dottore!"
"Però quando sei stanca devi dirmelo, io non ci penso..."
"Certo glielo dirò! Ma lei mi dica sinceramente cosa pensa di questa situazione, è definitiva?" lo disse con troppa freddezza 
per essere vera.
"Françoise, per carità, non pensarlo, tornerai a vedere, è solo momentaneo il tuo disagio, te lo prometto!"
Stava per dirgli che non riusciva nemmeno a sentire come prima, che il raggio del suo udito era limitato alla normalità, ma 
poi ci ripensò (Senza quello non servo più a nulla, non sono più nulla) si disse.
"Françoise cosa c'è? Non stai bene?"
"Ho solo mal di testa e una gran fame!" disse sorridendo.
"Joe ti sta preparando la colazione?"
"Sì, sta arrivando!" disse fingendo di sentirlo.
"Bene, ci vediamo più tardi, ora mangia tranquilla!" cercò di sentire fino a che punto le arrivavano i rumori di Gilmour 
mentre usciva dalla stanza e si accorse che in realtà il raggio era molto più limitato del normale.
(Non è possibile... come farò... impazzirò... lo so che impazzirò...)
Joe arrivò poco dopo con il vassoio pieno. Lei sentì prima il profumo del pane tostato che i suoi passi. Fecero colazione 
seduti sul letto, lui le raccontò del tempo fuori e lei si rilassò, non aveva fame in realtà, ma non voleva farlo preoccupare 
e mangiò tutto. Poco dopo ritornò Gilmour e Joe uscì dalla stanza lasciandoli soli.

"Joe, come sta?" chiese Jet vedendolo seduto al tavolo in cucina.
"Non vede e..."
"Cosa?"
"Temo che stia soffocando la sua angoscia per non farsi vedere da me e da voi nel panico, ma se continua così esploderà!"
"Lascia che passi questo momento, sarà terrorizzata, speriamo che Gilmour trovi il modo per curarla!"
"Speriamo..."
"Hai mangiato?"
"Non ho fame!"
"Joe non puoi sostenerla se poi non ti reggi in piedi!"
Si guardarono "Ok, ci penso io!" fece un paio di panini ripieni di ciò che di più sostanzioso contenesse il frigo e glieli 
diede insieme a un boccale di acqua fresca minacciando di chiuderlo in camera se non avesse mangiato "Tocca fare come con i bambini, con voi!" disse ridendo.
"Ok, ok mangio... papà!"
 
CAPITOLO 3
 
"Ti fa male?"
"No, Dottore, mi gira solo la testa!"
"Ora ti benderò e poi proietterò dei laser colorati all'altezza degli occhi, appena vedi qualcosa, qualunque cosa sia, 
dimmelo subito!"
"Si, certo!"
Gilmour cominciò a proiettare piccoli fasci di luce, prima verde, poi bianca, rossa, gialla, blu, ma nessuna risposta dalla 
ragazza, provò aumentando l'intensità, ma niente, lei avvertì ad un certo punto solo il calore del laser e quindi il dottore 
non poté spingersi oltre altrimenti le avrebbe danneggiato la retina, sospirò pensando.
"Dottore..." lo chiamò.
"Françoise... proprio non capisco, eppure sembra tutto a posto!"
"Ci sono altri test?"
"Si, ne faremo ancora, poi ti riposerai qualche giorno e se la situazione non dovessero migliorare, procederemo col 
trapianto!"
"Va bene!"
Gilmour guardò l'ora, era quasi il momento di pranzare "Vado a vedere se è pronto e ti faccio portare il pranzo da Joe".
"No, la prego, voglio venire a tavola con tutti, sto bene fisicamente, non vedo perché dovrei stare a letto!"
"Hai ragione, vieni con me".
Gilmour la prese sotto braccio e l'accompagnò in sala da pranzo, Joe si alzò vedendoli arrivare, era già tutto apparecchiato, 
l'aiutò a sedersi.
"Françoise, mangi con noi? Allora apparecchio anche per te" disse felice Chag.
"Sì ragazzi, mangio qui, sto bene"
Ma a loro non sfuggì la tristezza sul suo volto. Capirono che ancora non poteva vedere.
Erano però così felici di vederla che le si affollarono addosso, parlandole e aiutandola in tutto, chi le versava l'acqua 
appena vedeva il bicchiere vuoto, chi le tagliava il cibo in bocconcini, chi la imboccava. Françoise non era affatto felice 
di questo, anzi piuttosto innervosita. Si sentiva trattata come un bambino e la cosa non poteva starle bene, cercò comunque 
di contenersi capendo che lo facevano con amore. Gilmour sentì il suo disagio e cercò di farlo capire a tutti "Andiamo 
ragazzi, lasciatela mangiare in pace!" disse.
Ma loro non sentivano.
Li aveva tutti intorno come api sul polline del fiore. Soffocava... ma resisteva... soffocava... respirava... fu proprio Joe 
a far traboccare il vaso, quando lei si tolse il tovagliolo glielo levò di mano per posarlo lui sulla tavola e fu così che 
assistettero all'esplosione di un vulcano.
"Ce la faccio da sola... ce la faccio da sola a versarmi l'acqua, a mangiare, posso perfino masticare, figuriamoci posare un 
tovagliolo! Lasciatemi in pace... lasciatemi in paceeee!!!" 
Si alzò dalla sedia e a tastoni, frettolosamente e nervosamente raggiunse la porta e poi il corridoio, rimasero tutti 
ammutoliti, tanti occhi e bocche spalancate. Gilmour senza guardarli disse soltanto "Io vi avevo avvertiti!"
"Ma Dottore.... ha detto lei che dobbiamo aiutarla?" sbottò Bretagna.
"Non sempre!... a tavola poteva far da sola.... Joe... invece adesso dovresti aiutarla a tornare in camera!"
"Ne facessi una giusta!" borbottò il ragazzo uscendo di corsa dalla sala.
Gilmour sorrise pensando a quanto c'è sempre da imparare, soprattutto dalle donne.
 
CAPITOLO 4
 
(Dove sono? Maledizione... eppure... che diamine è questo coso? Ma perché non viene nessuno ad aiutarmi ora? Maledizione... 
dov'è la mia stanza??? Voglio vedere la mia stanza! Voglio vedere!) 

Françoise era ormai in preda a una crisi di nervi, inginocchiata per terra, cercando a tastoni di ritrovare la sua stanza, ma 
inevitabilmente persa nel corridoio, incapace di orientarsi, perché non aveva nemmeno l'aiuto dell'udito e non sentiva più le 
voci degli altri per capire dove fosse la sala e tornare indietro. Gridava in silenzio, voleva aiuto, ma non lo voleva. 
Voleva fare da sola, ma non poteva. Voleva solo vedere.

Joe la vide così, rossa in viso, piangente di rabbia e disperazione, le prese solo la mano in silenzio e la tirò su, le cinse 
la vita con il braccio, le accarezzò i capelli, poi le disse piano "Scusami, ho esagerato! Ma volevo solo aiutarti..."
Françoise cedette, lo strinse forte nell'abbraccio, tirandogli la camicia con i pugni chiusi e continuando a piangere, Joe 
la baciò poi cominciò a camminare verso la sua stanza accompagnandola nell'abbraccio.
A ogni passo lei si calmava un poco, ogni tanto un singhiozzo più forte la strattonava, poi respirava e tornava calma.
Arrivati nella stanza, Joe la fece sdraiare delicatamente sul letto. Aveva il viso stanco e tirato per il pianto violento.
"Ora riposati, vedrai che dopo andrà meglio!" le disse.
"Joe... scusami!"
"Shhh" le mise l'indice sulle labbra poi la baciò.
(Come glielo dico a un uomo così che non è la paura di non rivedere il mare a farmi stare male, ma solo la paura di 
dimenticarmi il colore delle onde in una giornata di pioggia. Come glielo dico che non è la paura di non rivedere più il suo 
viso, ma di non ricordare più il colore dei suoi occhi. Come glielo dico a un uomo così che dopo aver visto la bellezza 
pensare di non saper più riconoscerla, di dimenticarla, mi fa rabbrividire? Come glielo dico a un uomo così che è la paura di 
non poter più vedere il mio viso riflesso nei suoi occhi sorridenti, di non poter più riconoscere ciò che prova per me 
soltanto specchiandomi nei suoi occhi, come glielo dico? Come glielo dico a un uomo così?) pensò lei.
(Come glielo dico a una donna così che ha una forza d'animo immensa dentro, che è molto più forte di quello che crede, molto 
più di noi tutti messi insieme. Come glielo dico a una donna così che con la sua forza può rivoltare una montagna, come 
glielo dico che il suo coraggio, si, il suo coraggio vorrei averlo anche io in questo maledetto giorno di domande senza 
risposta, come glielo dico a una donna così che io ho bisogno del suo coraggio?) pensò lui. 
Tutto in un lungo, immenso attimo, fino a che la sola parola che doveva essere pronunciata lo fu, nello stesso istante, con 
la stessa forza: "Ti amo!" abbracciati stretti e immobili come in una foto, nessuna voglia di staccarsi, con il bisogno di 
rassicurasi.

Joe Rimase ancora un po' seduto accanto a lei, quando vide che era ormai addormentata uscì dalla stanza e raggiunse il 
dottore nel suo studio.

"La disturbo?" chiese Joe sull'uscio della porta del laboratorio.
Gilmour non alzò lo sguardo dai suoi libri, disse solo "Vieni pure Joe!"
Il ragazzo si sedette accanto a lui cercando di capire qualcosa da quei libri di cibernetica così apparentemente complicati.
"Dottore..."
"Aspetta un secondo.... ah.. ecco, scusami, dimmi pure!". Disse segnando il libro con un appunto e richiudendolo.
"Volevo solo sapere degli esami fatti a Françoise, ci sono novità?"
"Eh, no figliolo, nessuna novità. Ma sono tutti esami superficiali..."
"C'è qualcosa che posso fare?"
"Hummm..." il professore parve pensarci un po', poi disse "Sì, c'è una cosa che puoi fare, a Kyoto c'è un mio caro amico, il 
professor Suikiama, lui ha inventato un apparecchio che permette di testare le funzioni visive, certo è sperimentato su occhi 
naturali, ma possiamo provare, con qualche modifica, per ora non vedo altre soluzioni... e comunque ci può sempre essere 
utile perché può testare tutte le funzioni organiche non solo quelle visive"
"Vuole che vada a Kyoto?"
"Si, in un paio di giorni sarai di ritorno, altrimenti dovrei farmelo spedire e attendere, sono più tranquillo se sarà in 
mano tua".
"Certo, capisco, partirò stasera, lei avverta Suikiama".
"Certamente!"
"Vado a prepararmi!"
Corse nella sua stanza a preparare una piccola valigetta con l'indispensabile per il viaggio, poi scese per andare nella 
stanza di Françoise, sulla porta incontrò Jet.
"Ho saputo da Gilmour, posso accompagnarti?"
"Ma Jet..."
"Dai, ti faccio compagnia, non sporco, non devi portarmi fuori a spasso..."
Joe sorrise "Va bene, mi fa piacere non andare solo."
"Bene!" disse Jet tirando su dal pavimento una valigetta "Ma stanze separate eh? Che Françoise è gelosa!"
"Ma... l'avevi già preparata?" disse guardando la valigetta e sorridendo.
"Ovvio, tanto sapevo che avresti detto sì, ti aspetto giù."
Scese le scale.

Joe entrò piano nella stanza semibuia. Françoise si girò di fianco verso lui sentendolo entrare, a tratti sentiva di più, a 
tratti meno, era una situazione che la stressava parecchio, ma faceva di tutto per non farlo notare.
"Joe..."
"Tesoro, come ti senti?"
"Mi fa male la testa.... ma sto bene."
"Ancora questo mal di testa?"
"Forse è legato alla situazione attuale..."
"Comincio a crederlo anche io".
Le si sedette accanto posando la valigia.
"Françoise, sto partendo per Kyoto, devo lasciarti un paio di giorni".
"Perché? Una missione?"
"No! Devo andare a prendere un apparecchio che forse potrà aiutarti a recuperare la vista".
"Non andare..."
"Cosa? Non devi preoccuparti, tornerò subito."
Lei affondò la testa nel cuscino.
"Françoise, ma cos'hai? Non devi preoccuparti."
"Mi sento... mi sento così sola..."
"Non sei sola..." le disse accarezzandole i capelli.
Lei si asciugò le lacrime poi disse "Scusami, sono una stupida!"
"Amore... non devi preoccuparti, torno presto!" 
La baciò intensamente poi scese in cortile e si diresse alla macchina.
"Ce ne hai messo, eh!"
"Françoise è così triste, mi sento impotente!"
"Andiamo, prima partiamo e prima lei avrà una speranza in più per tornare a vedere!".
"Grazie Jet, sono contento che vieni con me!" mise in moto e partirono verso Kyoto.
 
CAPITOLO 5
 
Françoise era sola nel suo letto, al buio, stanca di restare immobile, stanca e preoccupata per come era costretta a vivere 
questi giorni, avrebbe voluto sentirsi meno impotente, avrebbe voluto alzarsi e fare finta di niente, superare la cecità come 
una normale malattia, come un raffreddore, fingere che il buio fosse solo notte e camminare normalmente, ma non ci riusciva, 
aveva camminato fino alla finestra e si era fatta male a un piede sbattendo a uno spigolo. Aveva cercato di prendere qualcosa 
dal comodino e le era caduto un qualcosa di vetro per terra, probabilmente un bicchiere. Non ne poteva più di quella 
situazione.
Si riaddormentò più per noia che per vero sonno, d'altra parte non poteva costringere gli altri a starle dietro come una 
bambina.
Cercò di smaltire la sua rabbia in sogni confusi e nervosi.
Poi all'improvviso apparve Ivan nel suo sogno.
"Françoise, non devi essere triste!"
"Ivan... è normale che io lo sia!"
"Nei sogni puoi vederci, puoi vedere il mare, il sole, perché fai brutti sogni? Continua a vedere almeno qui."
"Per poi risvegliarmi nel nulla?"
"Puoi sentire gli odori e i rumori, non sei nel nulla assoluto!"
"Ivan... io..."
"Non riesci a sentire come prima vero?"
"Come lo sai?"
"Ricordati che io posso leggere nei tuoi pensieri e nei tuoi sogni, sono più legato a te che a chiunque altro qui dentro."
"Non so cosa fare..."
"Potresti cominciare dicendolo a Gilmour"
"Lo so... quando verrà glielo dirò!"
"Françoise, io nei sogni posso farti vedere gli altri, posso aiutarti, ma mi costa molta fatica e spesso mi addormento... ma 
finché posso lo farò per te."
"Ivan, non preoccuparti, devo imparare a cavarmela da sola!"
"Non sei sola! E vedrai che supereremo questo momento, non c'è alcuna ragione per disperarsi!"

Françoise riaprì gli occhi, continuava a non veder nulla, ma in realtà grazie ad Ivan aveva visto che gli altri erano in 
sala, si alzò dal letto decisa a far leva sul suo senso dell'orientamento per raggiungerli.
A metà strada era quasi già del tutto sconfitta dalla stanchezza e dalla disperazione per essersi nuovamente persa. (Come 
diavolo faccio a orientarmi così... che sciocca che sono!)
"Ehi, Françoise che ci fai qui? Ma chiamami no?" era la voce di Albert.
"Mi aiuti a venire in sala da voi?"
"Ma certo, vieni appoggiati al mio braccio!"
Così fece e lui l'accompagnò facendola sedere a tavola. "Hai fame?" le chiese Chang, annuì effettivamente aveva parecchia 
fame.
"Tra poco sarà pronto!" disse Bretagna.
Dopo cena fu Gilmour ad accompagnarla in camera.
"Appena Joe e Jet torneranno con il tester faremo l'ultimo tentativo prima del trapianto".
"Sì dottore, lo sa che mi fido ciec... hehehe l'abitudine!"
"Stai diventando più ironica di Bretagna!" sorrise Gilmour.
"Cerco solo di sdrammatizzare! Però... non le ho detto tutto..."
"Come?"
"Dottore, anche il mio udito sta calando, certe volte è anche al di sotto del normale livello umano, non so se si possa 
ricollegare alla vista, ma mi sta preoccupando questa situazione!"
"Da quanto è così?"
"Da quando sono cieca!"
"Dovevi dirmelo prima..."
"Lo so, ma avevo paura... di ammetterlo a me stessa!"
"Capisco Françoise, ma un conto è negarlo agli altri, un conto a me!"
"Ha ragione, mi scusi!"
"Ricomincerò a studiare da capo, fortuna vuole che quel tester serva per tutte le funzioni organiche, altro da dirmi?"
"Sì... credo di avere la febbre".
Gilmour mise la mano sulla fronte della ragazza ed effettivamente un po' scottava.
"Forse è solo un rialzo perché stai tanto ferma e al chiuso, ti stai indebolendo, domani se stai bene e fa caldo esci un po' 
in cortile con i ragazzi".
"Va bene."
"Ora vado nel mio studio, per qualsiasi cosa chiamami!"
"Grazie e mi scusi..."
"Non preoccuparti!"
Le accarezzò il viso con un dolce gesto paterno e uscì dalla stanza.
Françoise fu di nuovo inghiottita nell'oscurità, ma per poco tempo perché presto qualcuno bussò alla sua porta.
"Avanti" disse.
"Françoise ti disturbo?"
"No, Geronimo vieni pure!"
"Ti ho portato un regalo..."
"Come? Per me?"
"Sai, mia nonna era cieca, dalla nascita, portava sempre con se questo bastone" disse tenendo fra le mani un bastone in legno 
dipinto a mano e intarsiato che ovviamente Françoise non poteva vedere, ma sfiorandolo capì che doveva essere molto bello 
"vorrei che lo tenessi tu, potrà servirti, lei diceva che senza era perduta..."
"Oh, Geronimo, ma come posso accettarlo?"
"So che lei sarebbe felice di sapere che è utile a qualcuno".
"Mi sarà molto utile, davvero, grazie! Fatti abbracciare!"
Geronimo si avvicinò a lei e l'abbracciò.
"In questi giorni ognuno di noi passerà un po' di tempo con te, non devi mai sentirti sola".
"Grazie, siete così dolci, scusatemi se a volte sono irascibile!"
"Irascibile? Tu? Ma se sei fin troppo paziente con noi, riposati!" disse uscendo.

La notte scese, ma per Françoise era ormai sempre notte. Sola nel suo letto, mai si era sentita così sola e mai avrebbe 
pensato che il suo letto fosse tanto grande. Joe era chissà dove, chissà quando sarebbe tornato, perdeva costantemente il 
senso del tempo e se non c'era nessuno vicino a lei non poteva sapere che ora fosse.
Si rigirò nel letto alle prese con la noia, il mal di testa, la paura, l'angoscia, la tristezza e la malinconia... un mix di 
bei sentimenti! Sentiva forte la mancanza di Joe, dei suoi abbracci rassicuranti, delle sue coccole che avevano il potere di 
alleviare tutti i suoi dolori. Finalmente il sonno scese anche su lei, finalmente riuscì a riposare senza pensare.

L'auto correva dritta nella notte.
"Dove siamo?"
"Non siamo ancora arrivati Jet!"
"Quanto mancherà?"
"Hummm... diverse ore ancora!"
"Fermarci a mangiare?"
"Ci sono i panini di Chang dietro!"
"Appunto, fermarci a mangiare?"
"Jet, facciamo una filata, è meglio!"
"La prossima volta che mi offro di accompagnarti, me lo fai un favore?"
"Quale?"
"Uccidimi!"
Joe sorrise poi il suo viso si rattristò.
"Che c'è? A cosa pensi? Sfogati!"
"Sono solo preoccupato!"
"Andrà tutto bene, vedrai!"
"Si, non devo pensare al peggio!"
"Gilmour che ti ha detto?"
"Che non sa cosa è successo, non se lo sa spiegare!"
"Magari ora Françoise ha già riacquistato la vista, magari è solo allergica a te!"
"Jet...."
"Ok, ok, scherzo!"
"Non possiamo mai vivere serenamente!" disse con rabbia Joe stringendo il volante.
"Joe... Joe... non siamo stati modificati in cyborg per vivere una vita tranquilla e serena, lo sai meglio di me, sappiamo 
tutti i rischi che corriamo ogni giorno, Françoise né è perfettamente consapevole. Ciò che è accaduto è terribile, ma si 
risolverà, tu devi restare calmo, per lei."
"Hai ragione, ma è difficile! Questa volta è toccato ai suoi occhi, ma domani? Non posso pensare che le accada qualcosa di 
brutto, ma non solo a lei, ad ognuno di voi, ora più che mai mi sento parte di una famiglia, ma penso anche che è proprio 
questo sentimento a renderci più fragili."
"Io preferisco essere fragile, ma conservare ciò che ancora di umano mi è rimasto!".
Joe approvò quelle parole e voltandosi verso lui aggiunse: "Grazie di essere venuto!"
"La prossima volta...uccidimi!"
 
CAPITOLO 6
 
"Françoise? Ehi, piccola svegliati!" 
"Humm... Albert? Che ore sono?"
"Le 11, ti stai impigrendo, eh? Andiamo fuori a far due passi?"
"Si, hai ragione"
Albert l'aiutò ad alzarsi, lei con l'aiuto del bastone di Geronimo entrò in bagno. 
"Bello quel bastone"
"Vero? E' un regalo di Geronimo!"
"Regalo? Humm allora devo attrezzarmi, che vuoi da me? Pensavo ai baffi dei gatti sai? Sono utilissimi per sentire gli 
ostacoli!"
Lei rise in bagno "Sarei proprio bella con i baffi da gatto!"
"Sei bella anche con le antenne da lumaca in testa, te lo dice uno che di donne, modestamente, se ne intende!"
"E anche di animali! Dai Albert finiscila, scegli un vestito comodo dall'armadio e passamelo!"
Lui guardò a lungo i vestiti, gli sembravano tutti bellissimi e comodi, ma in realtà che ne poteva sapere un uomo? 
"Heiii!!! Ci stai pensando troppo, dai ci dovrebbe essere una tuta bianca, cercala e passami quella!"
Non dovette cercar molto, ce l'aveva davanti. (Questo è il concetto di comodità, cercherò di ricordarlo) pensò fra sé 
passandole la tuta dietro la porta. Lei si sporse quel tanto che bastava per raggiungere la mano di Albert con la sua tuta e 
poi richiuse, si vestì con calma cercando di non sbagliare il dritto e il rovescio (Che fatica!) pensò, si sentiva già 
stanca, ma doveva cominciare ad abituarsi.
Finalmente uscì dal bagno, Albert la guardò ridendo.
"Cosa c'è? Cosa ho sbagliato?"
"Hehehe... oddio, mi vien da ridere, scusami, ma hai il cappuccio davanti tipo canguro!"
Lei pensò alla scena e cominciò a ridere "Mamma mia che figura" disse richiudendosi in bagno e rigirando la felpa.
"Adesso va meglio?"
"Si, si ora è tutto ok! Scusami... non dovevo ridere..."
"Dai... figurati, andiamo a fare due passi!"
Quella risata le aveva ridato il buonumore. Si sentiva un po' più leggera e sotto braccio ad Albert passeggiò un'oretta nel 
cortile, assaporando la freschezza mattutina e sentendo i raggi del sole sul suo corpo, caldi e piacevoli.
"Ragazziiiii! E' pronto!" Urlò Bretagna dalla finestra della cucina.
"Arriviamo!" gridò Albert.
"Non è che abbia molta fame..."
"Ehi, tra poco scompari, devi mangiare un po'!"
Françoise si toccò la fronte, era di nuovo calda.
"Che c'è? Non stai bene?" le chiese preoccupato lui.
"No, credo di essere solo stanca. Riportami in camera, ti prego!"
"Va bene!" un passo alla volta furono nella sua stanza "Vado a chiamare Gilmour" disse Albert.
"Non serve, mi basterà riposarmi!"
"Sarà, ma io lo chiamo lo stesso!"
Françoise sospirò sentendolo uscire, poi si addormentò.
Gilmour la trovò così, sul letto, nemmeno aveva fatto in tempo a tirar su le coperte, gliele rimboccò lui, aveva la febbre e 
anche abbastanza alta. Pregò che Joe e Jet tornassero in fretta, la situazione non era affatto sotto controllo e ciò lo 
preoccupava. Accostò la porta della stanza della ragazza e si diresse al suo studio, passando il pomeriggio immerso negli 
studi.
 
CAPITOLO 7
 
"Françoise sono venuto a misurarti la febbre! Sei sveglia?"
"Ora sì, Bretagna!" sorrise.
"Scusami... ah ecco il termometro... "
Françoise sfiorò la sua mano e sentì che gli aveva fatto male.
"Che ti è successo?"
"Hemm... niente ho fatto una battuta che è stata poco apprezzata da quei permalosetti!"
"Oh, povero, dai dilla a me!"
Bretagna arrossì "No, non credo..."
"Dai, lo sai che io rido sempre di gusto alle tue battute!"
"Veramente stavolta, non credo..."
"Insisto!"
"Hemm... ok, mi picchierai anche tu lo so.."
"Daii... non ti picchio!"
"Hemm, avevo solo detto che mi sarei volentieri trasformato in termometro e..." ma non fece in tempo a finire la battuta, 
uscì dalla stanza di corsa e dietro la porta urlò "Ecco, avevi detto che non mi avresti menato, bella amica che sei!" si 
toccò il bernoccolo in testa.
"Le hai detto della battuta?" chiese Albert.
"Ha insistito lei."
"Tu sei scemo, amico mio!"
"Vacci tu a riprendere il termometro, meglio se non mi faccio vivo per i prossimi 100 anni, soprattutto finché avrà ancora 
quel bastone che le ha dato Geronimo, ahia, che male!"
"Sparisci!" sorrise Albert entrando in camera della ragazza.
"Dallo a me, piccola, quello si è bevuto pure il cervello!"
"Lo uccido appena posso vederlo in faccia!" rise.

"Scusate, posso poltale la cena alla mia baby plefelita?"
"Polta, Polta!" Albert prese un po' in giro Chang poi uscì dalla stanza.

"Allora, mon cherie! E' ora di mangiare, dobbiamo debellare questa febbraccia!"
"Ok, ok mangio, che mi hai preparato di buono? Humm senti che odorino..."
"Ahh, tu sì che mi dai soddisfazione! Allora... Spaghetti fritti in salsa d'ostrica, e un po' di polpa di granchio che so ti 
fa impazzire!"
"Ohh Chang, ti adoro, ora ho davvero fame." disse prendendo le bacchette e cominciando ad assaggiare i prelibati piatti sul 
vassoio che aveva sulle ginocchia.
"Bene, bene, sono felice di vederti mangiare con gusto! Ti stai sciupando!"
"Humm, un po' di dieta non mi fa male, comunque grazie, è ottimo!"
"Mangia, mangia e se hai ancora fame c'è una bella crostata di castagne che ti aspetta!"
"Hai fatto una crostata di castagne, per me?"
"No, lo sai che non ci riuscirei, è andato Punma a comprartela in quella pasticceria che adori!"
"Che dolci che siete, me la fai portare da lui?"
"Ovvio, ora finisci la cena però, niente dolce se non finisci tutto."
"Sì, ma non barare, non aggiungere roba con la scusa che non ti vedo".
"Hemm" Chang sospirò posando la pentolina che aveva in mano. "Non ti si può mai nascondere nulla!"
"Eh, no, non si può." ammiccò continuando a mangiare, non senza troppa fatica, spesso le cadevano i bocconi dalle bacchette, 
a volte si sporcava, ma cercò di non dare importanza a tutto questo e si rilassò.

Quando ebbe finito Chang le portò via il vassoio, uscendo disse "Adesso ti mando Punma!"
"Bene!" rispose anche se ormai del tutto sazia, ma per un gesto così carino doveva fare uno sforzo.

"Eccomi qui! Visto che Chang m'ha rovinato la sorpresa della torta.... mi tocca inventarmi qualcosa.."
"Macché rovinata, non vedo l'ora di assaggiarla, che dolce pensiero che hai avuto!"
"Dolce è il termine giusto!" risero "Ecco te ne ho portata una bella fetta, mangiala tutta sennò mi offendo!"
"Ma perché avete paura che perda quel poco di ciccetta che ho?"
"Perché ci piaci così!"
Françoise sorrise arrossendo.
"Dai, che torna presto vedrai!"
Trasalì.
"Lo sappiamo che ti manca."
"Sì, mi manca... davvero, tanto, ma voi siete unici, davvero!"
"Cerchiamo solo di farti compagnia!"
"Fate molto di più! Non so come ringraziarvi!"
"Troverai il modo, ora pensa solo a guarire, ti rivogliamo scattante e energica, sei la nostra luce guida"
"Speriamo non sia spenta per sempre!"
"Non dirlo nemmeno per scherzo!" le intimò prima di soffocarla in un caloroso abbraccio.
"Vado ora, devi riposare, la torta era buona?"
"Buonissima, grazie!"
"Buonanotte!"
"Notte!"
 
CAPITOLO 8
 
"Jet, sveglia, siamo arrivati!"
"Hummm di già? Dopo appena...... 12 ORE DI VIAGGIOOOO?"
"Eh, già, scusa, ma volevo sbrigarmi e..."
"Mi ricordi perché non siamo venuti col Dolphin, per favore?"
"Perché avremmo dato troppo nell'occhio!"
"Ah, già, e perché non tu di corsa e io al volo?"
"Perché non avremmo potuto trasportare poi il tester facilmente!"
"Elementare Watson!".
Joe sorrise "Dai andiamo, la villa è questa!"
"Un po' isolata..."
"Anche la nostra.."
"Sì, ma c'è un motivo, qui che motivo c'è?"
"A quanto ne so ci sono state delle proteste per gli esperimenti praticati dal dottore!"
"Cibernetica?"
"Sì, ma rivolta ad aiutare le persone con handicap più o meno gravi, solo che è comprensibile che la cosa faccia paura."
"Che genere di aiuto?"
"Ad esempio a una persona che ha perso le mani a causa di una bomba, vengono impiantati arti meccanici, il problema è che il 
30% delle volte c'è un rifiuto verso questa protesi, c'è troppa diffidenza ancora!"
"Hummm e si lamentano loro con solo una mano meccanica o un piede..."
"O gli occhi..."
Jet aggrottò la fronte "Quindi qui hanno anche gli occhi che potrebbero servire a Françoise per tornare a vedere?"
"Già, devo prenderne un Kit infatti, se il tester dovesse fallire, Gilmour le farà il trapianto".
"Speriamo non occorra!"
"Speriamo..." sospirò Joe scendendo dall'auto, tutta la tranquillità ostentata fino a quel momento si gelò sul suo viso 
quando guardando la villa Suikiama vide comignoli di fumo nero uscire dalle stanze, corsero dentro, il fumo era un po' 
dappertutto, si guardarono intorno, videro alcune persone in camice bianco sdraiate a terra, le presero in braccio facendo 
diverse volte avanti e indietro dalle stanze al cortile e viceversa, trasportando tutti fuori. Quando furono sicuri di aver 
recuperato tutti presero anche loro un po' d'aria in giardino.
"Non c'è fuoco, solo cof..cof.. fumo, come può essere?" chiese Jet con gli occhi affumicati che lacrimavano.
"Chiediamo a qualcuno cosa è successo..."
Si avvicinarono a una ragazza che sembrava essersi abbastanza ripresa dallo shock.
"Ciao, come ti senti?" chiese Joe.
"Voi? Ci avete salvato..." aveva solo un filo di voce roca.
"Si, beh, ma cosa è accaduto?"
"Sono arrivati degli uomini, sembravano poliziotti, agenti di qualche tipo, avevano una specie di divisa nera, hanno buttato 
a terra delle bombolette da cui è uscito il fumo che ci ha storditi... oh mio dio, ma dov'è mio padre?" disse guardandosi in 
giro.
"Tuo padre?"
"Mio Padre..... l'hanno rapito!"
"Non dirmi che è il Dott. Suikiama!" chiese Jet preoccupato.
"Si! Ma voi chi siete?"
"Tuo padre ci stava aspettando siamo venuti da parte del Dott. Gilmour!"
"Ah, voi siete i due cyborg..."
"Jet e lui è Joe, molto piacere!"
"Oh, scusatemi, non volevo essere scortese, anzi vi ringrazio per quello che avete fatto, la vostra attrezzatura è pronta, al 
piano di sopra, potete prenderla..." disse singhiozzando la ragazza.
"Graz..." stava per rispondere Jet.
"Hemm... scusi il mio amico, ma... suo padre, è sicura che sia stato rapito?"
"Sì, sicura! Era preoccupato da giorni, sapeva che sarebbe presto successo!"
"L'aiuteremo a ritrovarlo!" disse Joe.
"Grazie, grazie, davvero!" la ragazza strinse le mani dei due giovani poi corse ad aiutare i colleghi ancora svenuti.
Joe e Jet intanto salirono le scale della villa per arrivare al tester.
"Ci mancava solo questa, Françoise dovrà aspettare!" grugnì Jet.
"Sai cosa direbbe se fosse qui?"
"Cosa? Che ti fai sempre intenerire da un bel visetto femminile?"
"No, scemo, non mi faccio intenerire da nulla, e ciò che direbbe è solo che a tutto c'è un perché, evidentemente dovevamo 
arrivare qui ad aiutare comunque".
"Lei legge troppi libri buddisti, induisti o quello che sono quei libracci di Chang, insomma!"
"Ma ha ragione, dovevamo essere qua, dobbiamo aiutare Suikiama!"
"Non lo so!"
"Cosa non sai?"
"Non lo so chi ama!"
"Chi ama chi? Ma che dici?"
"Sui, non lo so, chi ama!"
"Oh mio dio! Ma proprio te mi dovevo portare, Bretagna al confronto è un principiante!"
"E fattela una risata, ogni tanto!"
"No, no, non cominciare con la tua teoria sugli effetti positivi del sorriso!"
"Non vale, come sai di quella teoria?"
"L'ho letta dal libro che hai prestato a Françoise!"
"E ti pareva..."
"Tra l'altro per levarglielo quella sera... era tutta presa!"
"Risparmiami i dettagli, please!"
"Dettagli? Ma che dici?"
"Non voglio sapere... mi basta sentire!"
"Sentire?" arrossì "Ma smettila!"
"Hahaha, guarda come sei rosso!"
"Non senti niente, giuralo!"
"Hahahaha, hai paura eh? Ok non sento niente... ah, guarda deve essere quello il tester!"
La loro attenzione fu rivolta a una scatola in metallo e a una valigetta termica dove sicuramente c'erano gli occhi per il 
trapianto.
"Mi dispiace Françoise, dovrai aspettare ancora un po'" sussurrò Joe mentre Jet gli metteva una mano sulla spalla per 
consolarlo, in quell'istante compare davanti ai loro occhi Ivan.
"Penserò io a teletrasportare il materiale, voi mettetevi alla ricerca del dottore. Più tardi vi contatterà Gilmour, ah... 
fate presto!" disse svanendo con tutta l'attrezzatura.
"Mi ricordi perché non abbiamo pensato prima ad Ivan?" chiese Jet.
"Perché dormiva!"
"Certo dormiva... e che si sveglia sempre al momento giusto però, non c'avevamo pensato vero?"
"No! Ma meglio così, lo vedi che c'è sempre un motivo?"
"Mettiamoci a cercare!" sbuffò Jet.
"Meglio!"
"Già, meglio!".
"Dimenticavo..." Ivan riapparve all'improvviso sorprendendoli.
"Cosa? Ivan!"
"Albert, Geronimo, Bretagna e Chang stanno arrivando a darvi una mano, Punma resterà ad aiutare Gilmour..."
"Tra quanto saranno qui?" disse Joe mentre da fuori provenne un gran rumore.
"Sono già lì!" disse Ivan scomparendo definitivamente.
"12 ore, 12 ore di viaggio e loro sono qui in una mezz'ora, neanche li avessi fatti con una bella donna o con un gran 
simpaticone, no... tutte a me, tutte a me!!!"
"E basta!!"
"Basta?"
"Non t'ho chiesto io di accompagnarmi!"
"Se non la finiscono me ne torno a casa!" borbottò Albert vedendoli arrivare.
"Che coppia di squinternati e poi se la prendono con me!"
"Chiunque se la prenderebbe con te, Bretagna!"
"Grazie Chang, sai sempre come tirarmi su di morale!"
"Oh, basta non cominciate anche voi due, ci bastano i due pagliacci!" ironizzò Geronimo.
"BASTAAAAAA" fu l'urlo di Albert a farli star zitti tutti "Stiamo dando spettacolo!!!"
Intorno a loro era ormai stipata una discreta folla di spettatori, tutti i ricercatori del laboratorio Suikiama.
"Ok, finiamola di fare i cretini e mettiamoci a lavoro seriamente!" disse Bretagna.
"Da che pulpito!" ironizzò Jet.
"BASTAAA!!" Albert al solito.
"Ok...ok..ok............ok...." Un po' tutti gli altri in coro.
CAPITOLO 9
 
"Françoise gira gli occhi a sinistra"
La ragazza obbedì a Gilmour, tuttavia non riusciva a controllare bene gli occhi e spesso doveva chiuderli.
"Ti fanno male?"
"No, ma mi stanco in fretta!"
Gilmour le mise diversi sensori sia in testa che in alcune parti del corpo.
"Bene è tutto pronto, ora chiudi gli occhi, il tester procederà da solo per una buona mezz'ora puoi anche riposare se vuoi, 
ma non muoverti!"
"Non si preoccupi!"

Il macchinario si mise in moto, all'inizio Françoise sentì un formicolio localizzato nelle parti del corpo con i sensori. A 
poco a poco riuscì a rilassarsi, pensò a Joe, Punma le aveva detto che gli altri erano partiti per aiutare lui e Jet nella 
ricerca del Dott. Suikiama, probabilmente rapito dai Fantasmi Neri. Le ritornarono alla mente brevi istanti di missioni 
passate. Tutte le volte che l'avevano salvata, le volte che era stata indispensabile. Ricordò quando ferì Joe in battaglia 
perché sotto il controllo nemico (N.d.r. Vedi "Ho bisogno di te"), ricordò il primo vero bacio che Joe le diede (N.d.r. vedi 
"La quiete e la tempesta), ma ricordò anche i sorrisi dei suoi amici, gli abbracci, tutto questo la faceva stare bene.

(Se penso, è solo a loro che penso, è a questa vita che penso... il mio primo pensiero, quello che prima mi torna in mente è 
il ricordo di quando li ho incontrati la prima volta... non la mia vita passata. E' questa la mia vita). Sorrise pensandoci.

Improvvisamente vide delle luci attraverso i suoi occhi chiusi. Quei disegni di luce che si vedono quando si chiudono gli 
occhi e li premi un poco. Cercava di capirne la fonte, ma Gilmour le aveva detto di non aprire gli occhi, per nessun motivo. 
A metà tra i pensieri che le si affollavano e le immagine strane di luce che le scorrevano sugli occhi, non sapeva cosa fare, 
cominciò a tremare impaurita, senza saperne il motivo.
"Françoise ci son problemi?" le chiese Punma. "Vado a chiamare il dottore!"
Lei non rispose, si limitò ad annuire con la testa.
"Françoise, che succede?" disse Gilmour accorrendo.
"Non lo so dottore, all'improvviso ho visto strane luci, disegni nel buio, ho cominciato a tremare, ma non ho aperto ancora 
gli occhi".
"Il tester non ha finito di scansionare, ora come ti senti?"
"Meglio, ma... vedo ancora quelle strane luci rincorrersi".
"E il tuo udito?"
"Non l'ho sentita arrivare, ma ero distratta..."
"Capisco... ah ha terminato!"
Gilmour vide che il tester stava stampando tutto il responso dell'analisi, quando ebbe finito prese il foglio e si avviò nel 
suo studio dicendo: "Punma, io devo studiare queste analisi, ma per qualsiasi motivo vieni a chiamarmi, controllala e tu 
Françoise, per ora non aprire gli occhi!"
"Va bene" risposero entrambi.
 
CAPITOLO 10
 
"Ragazzi, correte! Correte tutti!" urlò Bretagna.
"Hei, amico vuoi che corrano anche i Fantasmi Neri a sentirti? Puoi strillare meno forte?"
"Albert, dove sono gli altri?"
"Eccoli!"
Joe, Jet, Geronimo e Chang accorsero poco dopo.
"Allora Bretagna, hai novità?"
"Sì, ho seguito uno strano tipo, ho il sesto senso per queste cose io, e infatti... ta da... ho scoperto il nascondiglio di 
quei vermi!"
"Sei sicuro?" chiese Jet.
"Non ti fidi?"
"Chiedo!"
"Beh, lasciatemi finire allora..."
"Ha ragione, racconta" aggiunse Joe.
"Ho seguito questo tizio e mi sono trasformato in un usignolo..."
"...che classe.... hai anche cantato?" ironizzò Albert.
"Finitela, Bretagna continua!"
"Grazie Joe, ho visto un signore in una stanza circondata di sbarre, credo sia il Dott. Suikiama, è in buone condizioni e 
trattato abbastanza bene, tranne per la prigionia, probabilmente l'hanno rapito per sfruttare le sue conoscenze, per ora 
almeno non vogliono fargli del male."
"Perfetto, Bretagna, ottimo lavoro, ora portaci da lui."
"Seguitemi!"
Lo seguirono attraverso un bosco in collina, abbastanza isolato, Jet controllava tutto dall'alto e fu il primo a vedere il 
rifugio in lontananza, si abbassò per non essere avvistato.
"Joe, ci sono 5 sentinelle fuori!"
"Dentro?"
"Non sono Françoise..."
"Scusa! Io, te e Albert penseremo alle guardie interne, Bretagna tu da bravo usignolo vai direttamente da Suikiama e 
aspettaci lì, Chang e Geronimo voi due occupatevi di quelli fuori e copriteci, andiamo!"
Per Geronimo e Chang fu un gioco liberarsi di quelle 5 guardie fuori, li stesero tutti in pochi minuti, poi corsero dentro ad 
aiutare gli amici, ma anche loro se l'erano cavata fin troppo facilmente, arrivarono quindi in fretta davanti alla prigione 
del dottore, Joe lo liberò e Jet lo trasportò al Dolphin, Albert depose le sue bombe per distruggere il rifugio.
"E' stato tutto troppo semplice, troppo..."
"Siamo noi che siamo forti, Joe..."
"No, Bretagna, qualcosa non va, non è possibile".
Uno scoppio in lontananza li fece sobbalzare, proveniva dal Dolphin, corsero tutti lì.
Joe con la sua accelerazione fu il primo a raggiungerlo. Ma si trovò davanti una scena che mai avrebbe voluto vedere. Il 
Dolphin semi distrutto da una bomba e girando poco lo sguardo vide Jet sdraiato a terra ferito.
"JETTT... Jet, amico mio, rispondimi!" urlò il ragazzo prendendolo in braccio. "Jet, ti prego rispondi!"
"Jo..e..."
"Stai bene? Come stai?"
Intanto anche gli altri giunsero sul luogo del disastro.
"Era una trappola, Non era Suikiama, ma un cyborg programmato per esplodere. Sapevano che saremmo arrivati...."
"Jet... Jet..." Joe guardò l'amico svenirgli tra le braccia poi si girò versi i volti tristi degli amici.
"Albert cerca di far ripartire il Dolphin e portate Jet a casa.... io devo fargliela pagare..."
"No, amico, io lo faccio ripartire, ma poi ti vengo ad aiutare, tu da solo non vai da nessuna parte."
"Porteremo, io e Bretagna, Jet a casa." disse Chang.
"Va bene, sbrigatevi, io vado a perlustrare la zona!"
"Joe, non andare da solo, sanno che siamo qui...! Joe!"
"Albert, Geronimo raggiungetemi quando avete fatto!" fu il suo ultimo ordine sparendo tra gli alberi del fitto bosco.
Ci volle una buona ora per far ripartire il Dolphin, in pessimo stato, ma l'importante era farlo arrivare a casa.
Jet era ancora privo di sensi su un lettino, Chang gli aveva medicato le ferite come meglio poteva. Geronimo aiutava Albert.
Finalmente ripartirono per casa, Albert e Geronimo invece cominciarono a cercare Joe.
"Dove si sarà cacciato, maledizione!".
"Sono qui!"
"Joe, ma che scherzi fai!"
"Come sta Jet?"
"Non lo so, era ancora svenuto quando sono partiti!" rispose Geronimo.
Gli occhi di Joe parvero inumidirsi, lucidi, come se avessero bisogno di piangere il loro dolore, ma si trattenne. "Tutto 
troppo facile, dovevo immaginarlo!"
"Joe, non è colpa di nessuno!"
"Françoise avrebbe visto subito il cyborg e la bomba, ma loro come facevano a sapere che lei non c'è? Ci avete pensato? 
Sapevano benissimo che saremmo arrivati, era tutto premeditato, il finto rapimento, la bomba... tutto!"
"Joe, di chi sospetti?"
"Di qualcuno che sapeva del nostro arrivo... il laboratorio di Suikiama...."
"Hai ragione, andiamo lì!"
Non ci misero molto a raggiungerlo.
Joe non fu sorpreso dallo stupore della figlia del ricercatore nel vederli tornare.
"A quanto pare non serve domandare, abbiamo già la risposta!"
"Aspetta Albert! Voglio parlarci!"
"Come vuoi!"
Joe si avvicinò alla ragazza, visibilmente terrorizzata.
"Cosa succede? Sorpresa di vederci vivi?"
"Io... io... mi dispiace... ma non potete capire..."
"Spiegacelo..."
"Mio padre, l'hanno rapito e quando hanno saputo che sareste arrivati... mi hanno detto che se avessi collaborato lo 
avrebbero liberato... perdonatemi... ma voi.. siete solo dei..."
"Robot?" disse Albert duramente.
"Io..."
"Non siamo Robot, non solo, noi siamo rimasti qui per aiutarvi!"
La ragazza pianse. "Mi dispiace... mi dispiace tanto.... ora uccideranno mio padre... aiutatemi... vi prego... aiutatemi!"
"Andiamo!" Joe si rivolse ai due amici e si allontanarono.
"Vuoi aiutarla?"
"Non lo faccio per lei... ma il Dottor Suikiama è una brava persona! Dobbiamo salvarlo e comunque non possiamo permettere che 
le sue conoscenze finiscano nelle mani dei nemici".
 
CAPITOLO 11
 
"Françoise, sei sveglia?"
"Dottore..."
"Come ti senti?"
"La febbre... mi sento la febbre alta!"
Gilmour le posò la mano sulla fronte, era sempre più calda.
"Françoise..."
"Dottore, presto, stanno portando Jet..." urlò Punma dal corridoio.
"Jet? Che vuol dire che stanno portando Jet? Dottore???"
"E' stato ferito, ma stai tranquilla..."
"Dottore, no... mi dica dottor..." Françoise si addormentò sotto l'effetto di un sedativo che le aveva appena iniettato 
Gilmour.
"Mi dispiace figliola, ma è meglio se riposi, l'agitazione ti farà salire la febbre, perdonami!" le disse mentre usciva dalla 
stanza per entrare nel laboratorio.

"Allora Bretagna, cosa è successo?"
"Jet stava portando al sicuro il Dottor Suikiama, o meglio, quello che noi pensavamo fosse il dottore, e all'improvviso c'è 
stata un'esplosione, in realtà era un cyborg programmato per esplodere, Jet è stato investito dalla bomba, fortunatamente lo 
aveva già posato a terra".
Gilmour vide le numerose ferite e bruciature sulle braccia e sul torace del ragazzo.
"C'è molto lavoro da fare... ora puoi uscire, tu e Chang è meglio che torniate ad aiutare gli altri!"
"Il Dolphin è fuori uso, anche per arrivare fin qui abbiamo incontrato molte difficoltà!"
"Speriamo che Ivan si svegli presto, in questi giorni ha dovuto fare diversi teletrasporti, è esausto!"
"Lei pensi a Jet adesso!" disse Bretagna uscendo dal laboratorio e dirigendosi in cucina.
"Chang... che fai?"
"Preparo da mangiare! E' l'unica cosa che riesca a rilassarmi, stare qui senza poter far nulla, senza avere notizie, mi fa 
stare male!"
"Maledizione... se il Dolphin non fosse..."
"Ragazzi proviamo a farlo ripartire!" disse Punma.
"Va bene!" corsero nell'officina sotterranea a grandi passi e cominciarono a darsi da fare per riparare alla meno peggio il 
loro velivolo, tenendo in questo modo le loro menti occupate per non pensare a tutte le disgrazie che li avevano colpiti in 
pochi giorni.

"Joe, di qua!" Albert aveva trovato finalmente qualcosa!
"Guarda quella grotta.."
"Proviamoci, mi sembra di girare bendato... maledizione, dobbiamo trovare il rifugio!"
"L'unica è entrare!"
"Hai ragione Geronimo, andiamo!"
Si intrufolarono in un'entrata secondaria vicina alla grotta e cominciarono a scendere. Si fermarono sentendo dei passi.

"Quanto dovremo rimanere qui?" chiese una voce poco lontano da loro tre.
"Fin quando non avranno ucciso tutti e 9. Li stanno cercando." rispose un'altra voce.
"Non è bastata la bomba?"
"No, pare che tre di loro siano andati al laboratorio del Dottore in mattinata!"
"Maledizione!"
"Già... stiamo attenti, sono furbi e possono essere ovunque, non è nemmeno sicuro che gli altri siano morti!"
"E infatti non sono morti!" disse Joe puntando alla testa di uno dei due un laser, la stessa cosa fece Albert con l'altro. 
"Portateci immediatamente dal Dottor Suikiama!"
"Non sappiamo..."
"Non avete capito, non è una cortesia, è un ordine!" disse Albert puntando meglio la sua mano alla tempia del tizio.
"Dovete scendere in fondo alla grotta!"
Geronimo vide che uno dei due aveva un dispositivo in mano, prese entrambi per il collo e li fece sbattere uno contro l'altro 
facendogli perdere i sensi. Li legarono e nascosero in un anfratto, poi scesero silenziosi. La parte buia finì e presto si 
ritrovarono in un lungo corridoio illuminato sufficientemente, scesero sempre più un basso, ma un tratto capirono di essere 
stati scoperti, le torrette laser sul soffitto della grotta cominciarono a sparare nella loro direzione, Albert sparò e ne 
distrusse parecchie, mentre Joe azionò l'accelerazione e si portò fuori dal raggio nemico alla ricerca del dottore.
Geronimo aiutò Albert a distruggere le torrette.
Diversi soldati dei Fantasmi Neri si pararono contro i due amici e così Joe fu costretto a tornare indietro per aiutarli.
"Joe, non preoccuparti per noi, ce la caveremo, cerca Suikiama!"
Il ragazzo corse nuovamente in avanti, per un attimo ripensò alle battute di Jet sul nome del dottore e sorrise, ma presto 
anche quel sorriso si gelò, quando davanti a lui riconobbe proprio Suikiama con un fucile laser in mano pronto ad ucciderlo.
"Caro 009! Che piacere conoscerti!"
"Ma... lei..."
"Già sono proprio io Masaki Suikiama, mi cercavi, vero?"
"E' lei che ha architettato tutto questo, vero?"
"Hehehe... quando Isaac mi ha informato del vostro arrivo, non potevo credere alle mie orecchie. Sono in affari con 
l'organizzazione da molti anni, ho fornito loro anche i pezzi per modificare voi stupidi inetti, quando ho riferito ai 
generali che sareste arrivati è stato facile mettere in scena il rapimento. Anche se non vi ho catturati tutti non fa nulla, 
tu sei il più importante."
"E' pazzo, cosa le hanno promesso? Soldi? Celebrità? Il mondo?"
"Come avete fatto a sfuggire all'organizzazione per tutto questo tempo, eh 009? Siete un cumulo di ferraglia con qualche 
sentimento umano a cui vi aggrappate, ma proprio quei sentimenti vi ridurranno in cenere."
"Preferirei morire che non aggrapparmi alla mia umanità, non me la strapperai certo tu, che hai carne e sangue, ma non un 
cuore!"
"Ma sentilo, l'eroe romantico! Salvatore del mondo! Che ne sai, tu? Paladino della giustizia! Guardati... cosa ne resterà di 
te quando tutto questo sarà finito? Quando non avrai niente da combattere? Cosa farai? Sarai solo un mostro, una nullità, 
un'anomalia. Un qualcosa che non doveva esistere e che deve sparire!"
"Non è vero, sono un uomo, molto più umano di te!"
"Sei un mostro! HAHAHAHA! Tu e i tuoi compagni..."
"I miei amici, maledetto!"
In quel momento Albert sparò un missile contro Suikiama che lo evitò, ma perse il controllo, Joe gli sparò contro il suo 
laser e il pazzo dottore cadde a terra colpito mortalmente.
"Questa è la tua umanità? Uccidimi... Mostro!" disse il dottore con un filo di voce mentre Joe lo guardava con disprezzo e 
odio. 
"Maledetti Cyborgggg vi ucciderò io!" a urlare questa volta era la figlia dell'uomo "Uccidereste anche una donna, vero? 
Mostri!"
"Questa mi ha davvero stancato!" disse Albert colpendola alla schiena e facendola svenire.
Joe controllò le pulsazioni del dottore, era ormai morto, si guardò intorno e vide uno spettacolo raccapricciante, c'erano 
un'infinità di capsule di vetro, probabilmente i Suikiama si occupavano di traffico d'organi. 
"E siamo noi i mostri!" commentò Joe.
Legarono la ragazza e avvertirono le autorità, fu quindi incriminata in seguito per delitti contro l'umanità.

 

Mentre percorrevano il bosco per raggiungere l'auto Joe ebbe un sussulto "Oh, mio dio!"
"Joe che succede?"
"Il macchinario... il macchinario di Suikiama, avrà sicuramente previsto che sarebbe arrivato alla nostra villa... mio dio... 
dobbiamo avvertirli... Ivan... Ivannn... ti prego ascoltamiii!"
In quel momento il Dolphin comparve sopra le loro teste, vi salirono di corsa, Joe cercò immediatamente di contattare il 
Dottore...
 
CAPITOLO 12
 
"Maledizione, queste analisi, non sono per nulla confortanti"
"Dottore..."
"Jet... ti prego riposati più che puoi, l'hai scampata per un soffio!"
"Sono le analisi di Françoise?"
"Sì, anche questa volta risulta tutto a posto eppure..."
"E gli altri?"
"Cercherò di contattarli fra un po', stanno ancora cercando Suikiama."
"Arghh..."
"Jet, stai fermo!"
Dei passi lenti giunsero dal corridoio.
"Oh, no..!" disse Gilmour aprendo la porta "Françoise... ma che fai in piedi!" la prese di peso e la sdraiò su un lettino.
"Dottore... io... la febbre... Joe... Jet..........io..."
Jet si alzò dolorante per aiutare Gilmour "Sta delirando?" chiese.
"Ma perché non ubbidite mai? Vuoi stare sdraiato tu?"
"Sta delirando?"
"Sì, la febbre ha superato i 41 gradi, se fosse umana sarebbe già morta!"
"Che posso fare?"
"Sdraiarti!"
"Dottore!!!!"
"L'unica cosa che posso tentare di fare è operarla... prendimi quella valigetta termica, ci sono i suoi nuovi occhi!"
Jet obbedì la tirò su e fece per aprirla, in quel momento Françoise sentì il ticchettio attivarsi "E' UNA BOMBAAAAA!" urlò 
giusto in tempo perché Jet la gettasse fuori dalla finestra. L'esplosione fu comunque molto vicina e parte del soffitto cadde 
sopra loro.

"Non rispondono... Non rispondono!!! IVANNNNNNNNNNNNNNNN!!!"
Joe era nel panico totale.
"Stiamo arrivando Joe, calmati, ci siamo quasi... Joee... Joeee... dove sei?"
Ivan lo teletrasportò immediatamente a casa "Riesco a portare solo te, corri sono nel laboratorio, la bomba è appena esplosa, 
ma sono vivi!".
Joe corse, aiutò Gilmour ad alzarsi, stava bene, anche Jet riuscì ad alzarsi e lui lo abbracciò vedendolo, ma non trovò 
Françoise. Ivan ricomparve "E' nella sua stanza, l'ho portata lì".
Il ragazzo disperato corse nuovamente oltre le scale, si precipitò nella stanza di lei, la vide subito, stesa sul letto, 
sporca di polvere e di calcinacci, ferita.
"Amore mio, svegliati!"
"Joe... la febbre... è... la febbre!"
"Cosa? Cosa vuoi dirmi?"
"E' la febbre il problema, la vista è legata alla febbre!" disse il piccolo telepatico comparendo davanti a loro.
"Ivan... che dici?" Gilmour entrò trafelato nella stanza. "Che vuol dire che è la febbre il problema?"
"L'ha sempre avuta, ma è passata in secondo piano da quando è diventata cieca, aveva la febbre prima di andare in missione!"
"Ma questo che significa?" chiese Joe.
"Un virus ha colpito i suoi nervi ottici e indebolito l'apparto uditivo, ma non solo, sta attaccando molti punti ormai".
"E' un virus che attacca le parti robotiche?"
"Esatto, attacca tutti i circuiti. Il punto da cui parte tutto sono i circuiti visivi".
"Ivan, aiutami a debellarlo, Joe vai ad aiutare Jet!" disse Gilmour.
"Ma..."
"Niente ma, ha bisogno d'aiuto è gravemente ferito, deve stare a letto, qui penseremo noi, non preoccuparti!"
Joe annuì, chiuse la porta alle sue spalle e corse incontro a Jet seduto dolorante in fondo al corridoio.
"Vieni qui!"
"Joe... come sta...?"
"Hanno capito di che si tratta ora la cureranno, dai appoggiati a me, ti porto in camera!"
Piano piano lo accompagnò nella sua stanza e lo fece sdraiare, controllando le ferite. Jet ogni tanto sentiva delle fitte più 
forti, Joe istintivamente gli strinse la mano per fargli forza.
"Stai tranquillo, passerà..." lo rassicurò.
"Joe.."
"Dimmi"
"Grazie amico!"
Sorrisero.

Gli altri giunsero alla villa e corsero all'interno per accertarsi delle condizioni degli amici. Joe sentendoli arrivare li 
chiamò dalle scale.
"Siamo qui, in camera di Jet, venite!"
"Jet... Jet..." urlava Chang.
"Eccoci... eccoci" visibilmente affannato Bretagna.
"Ehi! Amico, come ti senti?" chiese Geronimo.
"Sto bene, sono una roccia come te!" rispose sorridendo Jet.
"Joe, Françoise?" chiese Albert.
"Gilmour e Ivan sono con lei, hanno trovato la causa del problema, una specie di virus che attacca i circuiti nervosi."
"Questa è una bella notizia, presto tornerà a vedere". disse Punma sorridendo.
"La mia fine è vicina!" scherzò Bretagna.
"La tua fine? Perché?" chiese Joe.
"Ehm... il primo che glielo dice farà i conti con me!"
"Allora..." "devi sapere..." "no aspetta..." "te lo dico io..." "Ha fatto una battuta..." "l'abbiamo picchiato.." si 
affannarono a rispondere a Joe tutti insieme.
"Ok, ragazzi è stato un piacere io emigro su Marte, veramente un piacere conoscervi, addiooooo!"
"BRETAGNAAAAAAA!!!" urlò Joe a conoscenza della battuta. "Un giorno di questi lo appendo al muro!"
Risero tutti.
"Ahia però... e non fatemi ridere che mi fa male tutto!" scherzò il povero Jet dolorante.
 
EPILOGO

 

(La borsa di Tokyo segna l'indice Nikkei su.... ma guarda che tempo che s'è messo... noooo le uova ti ho chiesto.... ma vuoi 
cambiare questo canale?... Ecco! Piove!... C'è la partita sul 3... Non smetterei mai di guardare la pioggia... Uffa! Non mi 
fai fare nulla!... Sei sveglia?... Io preferisco il sole sulle vallate del Kenya... Non sai fare niente!!! Tesoro... 
Dottore... Ecco la partita!... Ma piove davvero?... Sei sveglia?... No, è uno scherzo!... Dimmi, che c'è?... Mi senti? 
Françoise?.. Già cominciano a giocare male, che pizza... Io odio la pioggia!... Françoise s'è svegliata!... Le hai montate a 
neve le uova?... Andiamo da lei!...) " Amore? Mi senti?..."
"Joe..."
"Hei, allora sei sveglia?"
"Si, stavo sentendo.."
"Cosa?"
"Voi... Albert e Jet che guardano la partita, Bretagna e Chang che tentano di fare una crostata, probabilmente quella di 
castagne che adoro, Punma e Geronimo guardano la pioggia, ogni tanto s'intromette Bretagna e Ivan che ha avvertito Gilmour 
che mi sono svegliata e stanno arrivando..."
Françoise sul letto era ancora bendata, ma la febbre dopo due giorni che era stata molto alta cominciava a scendere sempre di 
più.
"Françoise, come stai?" chiese Gilmour entrando in stanza.
"Sto bene dottore, meglio certamente degli ultimi giorni".
Gilmour le toccò la fronte e fu sollevato di sentirla più fresca.
"Dottore... oggi è una buona giornata per provare a sbendarmi, piove..."
"E' vero, però non devi forzarti!"
"No, certo... ma ho una gran voglia di tornare a vedere!"
"Va bene, Joe accosta leggermente gli scuri, è una giornata piovosa, ma non troppo buia, non voglio rischiare che la luce la 
ferisca".
Joe obbedì fiducioso, sentiva il coraggio di Françoise farsi anche suo, lei si sedette sul bordo del letto e Gilmour cominciò 
a sbendarla, mentre Ivan aveva ormai avvertito tutti gli altri che si erano accalcati fuori della porta accostata e 
sbirciavano dalla fessura.
"Bene, ora apri piano, piano, non avere fretta.."
La ragazza obbedì e piano aprì gli occhi doloranti, ma voleva andare a fondo, voleva vedere.
Prima il buio della rassegnazione, poi improvvisamente un'ombra, un'ombra grigia nel nero fitto, poi l'ombra si fece più 
delineata, una figura che assume i contorni e dai i contorni i particolari. Il sorriso di Françoise non lasciava adito a 
dubbi, vedeva. 
Vedeva e piangeva, le sembrava di essere stata cieca per un'eternità.
Joe l'abbracciò e poi accorsero tutti gli altri a stringerla.
Era un po' come se tutti avessero ritrovato la loro luce!

 

F I N E

© 20/06/ 2006

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